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Per Aspera Ad Veritatem n.11
Camera dei Deputati - XIII LEGISLATURA

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza (secondo semestre 1997) presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi







A conclusione di una delicata fase di transizione, il nostro Paese si è avviato verso il conseguimento di importanti traguardi sul piano economico ed istituzionale, in un quadro europeo ed internazionale nel quale si è progressivamente consolidato il riconoscimento del significativo ruolo dell'Italia.
Le complesse problematiche legate a questo processo di rinnovamento accrescono proporzionalmente i fattori di rischio per la sicurezza, poiché esse si prestano ai tentativi di determinati ambienti che intendono condizionare le scelte del Governo attraverso iniziative destabilizzanti.
Le manifestazioni di ostilità nei confronti della magistratura da parte delle frange anarchiche radicali hanno trovato nuovi spunti negli sviluppi dei processi in corso contro militanti di quell'area, all'interno della quale potrebbero essere maturati i falliti attentati ad uffici giudiziari di Roma e di Ivrea.
Nel quadro del persistente attivismo dell'intero settore dell'estremismo ideologico, che tende ad una dimensione "internazionalista" in chiave antieuropea ed antioccidentale, sono tornate in evidenza forme di propaganda tese ad ispirare pulsioni terroristiche.
Motivi di forte tensione, sfociati anche in turbative dell'ordine pubblico, sono derivati da prospettive di crisi di alcuni comparti produttivi sensibili, le cui rivendicazioni potrebbero assumere forme sempre più aspre ed eclatanti, con conseguenti strumentalizzazioni per alimentare ulteriormente conflittualità e contrapposizioni.
Non sono da sottovalutare i pericoli provenienti dagli ambienti più estremi del secessionismo che perseguono tenacemente propositi di disgregazione dell'unità nazionale. In questo senso, gli episodi intimidatori in direzione di obiettivi dello Stato di elevato valore simbolico confermano il pericolo della degenerazione in senso eversivo delle istanze più oltranziste del progetto separatista.
Il crimine organizzato con valenza eversiva conferma l'opzione dell'apparente basso profilo operativo, funzionale ad una strategia tesa ad ingenerare la convinzione di un'attenuata pericolosità del fenomeno e quindi del venir meno dell'esigenza di taluni strumenti normativi di contrasto.
Ad articolare ulteriormente il quadro criminale, proiettato sempre più verso dimensioni transnazionali, concorre la presenza di sodalizi stranieri, che si vanno evidenziando per l'accentuata aggressività e per il ruolo assunto - spesso in collaborazione con gruppi italiani - nel traffico di clandestini ed in altre remunerative attività.
Proprio la questione dell'immigrazione clandestina continua a rivestire particolare rilievo sotto il profilo della sicurezza, anche con riferimento all'applicazione degli accordi di Schengen. In tale contesto, il protrarsi di situazioni di tensione o di instabilità in Paesi dell'area mediterranea potrebbe favorire nuovi consistenti flussi migratori verso l'Italia, suscettibili di determinare, da un lato, turbative dell'ordine pubblico e, dall'altro, un incremento del tasso di criminalità.
E' proseguita una mirata attività informativa nei riguardi del terrorismo internazionale, specie di matrice islamica, in relazione al pericolo sempre presente che esso colpisca obiettivi al di fuori delle zone di origine, con il supporto di reti logistiche già collaudate. Ulteriori rischi potrebbero derivare dalla possibile penetrazione dell'estremismo islamico nei Balcani, con eventuale copertura di enti di carattere finanziario ed associazioni asseritamente di natura assistenziale.
Nuovo, significativo impulso è stato conferito alla "intelligence" nel campo economico-finanziario attraverso una prima concretizzazione dell'iniziativa che, con il contributo dei principali Organismi aventi compiti di vigilanza nello specifico settore, si prefigge lo scopo di istituzionalizzare un circuito di interscambio informativo idoneo a favorire l'approfondimento congiunto di fenomeni d'interesse sotto il profilo della sicurezza.


a. Sinistra extraparlamentare
Dalle acquisizioni raccolte è emerso che l'area, seppure disomogenea, rimane tuttora permeata da fermenti di forte avversione alle Istituzioni, tali da favorire l'inserimento di segmenti propensi all'opzione eversiva.
Tra questi, il settore anarco insurrezionalista continua a mostrare segnali di vitalità ed insidiosità, confermando il rischio, già evidenziato, di una progressiva radicalizzazione di propositi strategici.
In tali ambienti potrebbe essere maturato il fallito attentato al Palazzo di Giustizia di Roma dell'11 novembre, tenuto conto delle modalità operative adottate, delle analogie con la precedente azione contro Palazzo Marino a Milano e, soprattutto, dell'obiettivo prescelto, autorevole espressione del sistema giudiziario, al centro, da tempo, della mobilitazione dell'area. Al medesimo ambito potrebbe essere ricondotta anche la collocazione di un ordigno davanti al Tribunale di Ivrea (7 dicembre).
L'accentuazione delle manifestazioni di ostilità, alimentate da una documentazione particolarmente polemica - proveniente specie da detenuti e da latitanti e diffusa nel circuito dell'antagonismo - potrebbe preludere ad ulteriori iniziative violente contro obiettivi simbolo delle Istituzioni.
E' tuttora valida l'ipotesi di una relazione tra l'attentato del 19 ottobre contro la sede dell'Alitalia ad Atene - riconducibile ad omologhi ambienti greci - ed il processo in corso a Roma nei confronti dell'ala anarchica insurrezionalista, che confermerebbe il comune orientamento a stabilire forme concrete di "solidarietà", suscettibili di ispirare azioni dimostrative.
Le frange veterobrigatiste, in un momento che offre potenziali spunti di rinnovata conflittualità sociale, hanno dato segnali di attivismo propagandistico, ponendo al centro della propria attenzione - accanto ai "tradizionali" obiettivi costituiti dalla NATO e dal settore militare in genere - esponenti del mondo imprenditoriale, politico, del giornalismo e della cultura. Ciò, con evidenti propositi intimidatori e di pressione psicologica, recuperando una vecchia prassi del terrorismo brigatista.
La vigilanza informativa continua ad essere rivolta anche verso quei gruppi che per la struttura semiclandestina e la strisciante propaganda eversiva negli ambienti operai, costituiscono cerniera tra le formazioni oltranziste ed i residui settori terroristici.
Le componenti radicali dell'Autonomia - al cui interno si va confermando progressivamente l'influenza di personaggi con trascorsi brigatisti - sono determinate a superare divergenze ideologiche e tattiche, in una prospettiva di più ampia mobilitazione "internazionalista" contro la politica economica occidentale.
In questo senso, è proseguita una strategia di avvicinamento alle istanze dei movimenti rivoluzionari o di opposizione armata di vari Paesi, specie dell'America Latina. Il rischio è che proprio quelle realtà estere possano costituire i modelli di riferimento, anche per una rinnovata spinta di dura contestazione alle scelte del Governo in vista dell'ingresso in Europa.
In un contesto che vede aspri fermenti in ambito scolastico ed universitario, sono sempre possibili tentativi di strumentalizzazione da parte di quegli ambienti intenzionati a turbare il confronto democratico sulle problematiche del settore.

b. Destra extraparlamentare
L'attività informativa ha evidenziato un accentuato dinamismo teso a rilanciare progetti di riaggregazione su scala nazionale, specie delle frange "skinhead".
Tale orientamento appare riproporre quella "mimetizzazione" già sperimentata dalla destra oltranzista negli anni ‘70 con la costituzione di formazioni che, dietro una facciata pseudo politica, celavano intenti di marcato antagonismo. Ne sono principali ispiratori noti personaggi, già inquisiti per reati di eversione, tra i quali alcuni latitanti all'estero. Questi ultimi, in veste anche di finanziatori, si confermano centro nevralgico di un'articolata rete logistica ed affaristica per soggetti della medesima estrazione politica.
Nel contempo, le frange neonaziste, specie quelle romane, hanno continuato a manifestarsi con particolare insidiosità, come testimoniano gli atteggiamenti provocatori in direzione di settori di opposto segno e di obiettivi simbolo dell'antifascismo.
Al riguardo, sono state raccolte ulteriori indicazioni circa i propositi di elevare il livello di contrapposizione, con il rischio di un ritorno al clima di tensione degli anni passati, soprattutto in occasione di particolari ricorrenze.
L'attività propagandistica continua ad essere connotata da istanze a forte impronta razzista, che potrebbero trovare sfogo in episodi di intolleranza, e da iniziative di mobilitazione contro quelle norme che si sono finora rivelate un efficace deterrente allo sviluppo dei movimenti xenofobi e neofascisti.
E' proseguita l'azione di "intelligence" mirata a prevenire riflessi pericolosi per la sicurezza derivanti dall'attività di taluni soggetti convertiti alla religione musulmana, di orientamento fortemente antioccidentale. Costoro, infatti, anche se in maniera più defilata, hanno confermato la propensione a ricercare collegamenti e sostegni presso ambienti islamici radicali, specie esteri.

c. Fenomeno secessionista
Il complesso degli elementi acquisiti in direzione dei fermenti secessionisti nel Nord-Est ha evidenziato il permanere del rischio di uno slittamento delle istanze oltranziste verso dinamiche di più marcata ostilità alle Istituzioni.
D'altronde, il riconoscimento delle finalità eversive del commando di Piazza S. Marco, emergente dalla sentenza di condanna del 9 luglio emessa dalla Corte d'Assise di Venezia, costituisce autorevole conferma della degenerazione in senso destabilizzante di talune posizioni estreme.
La forte risonanza dell'incursione di Venezia ha determinato, nei settori più radicali, iniziative di vario spessore che hanno posto in luce il tentativo di sfruttare avvenimenti al centro dell'attenzione generale, allo scopo di enfatizzare gli effetti di qualsiasi gesto dimostrativo.
In questo senso, sono apparsi indicativi di una forte carica provocatoria gli episodi di contestazione e di intimidazione nei confronti della magistratura, di espressioni istituzionali di alta valenza simbolica e di strutture rappresentative dello Stato.
Tali atteggiamenti, in un clima propagandistico dai toni sempre più aggressivi, sono il sintomo di un processo che - sorretto da una immagine virtuale di compattezza e di largo consenso - da una parte tende alla progressiva erosione del principio di legalità dello Stato, dall'altra cerca di ispirare, in maniera subdola, la convinzione che l'ipotesi estrema del secessionismo sia effettivamente praticabile.
In questa fase di evoluzione potrebbero crearsi le premesse per la costituzione di un "humus" affine, per alcuni aspetti, a quello che determinò la nascita e la diffusione dell'estremismo politico nei primi anni ‘70.
In tale scenario, è sempre possibile, pertanto, lo spostamento di talune frange verso una dimensione di maggiore operatività, soprattutto in occasione di manifestazioni e ricorrenze di particolare significato.
Ulteriori spinte radicali potrebbero, inoltre, determinare l'insorgere di istanze speculari in altre aree del Paese, ove sono già presenti pulsioni di acceso localismo con le motivazioni più eterogenee.
Non va, altresì, sottaciuta l'eventualità che si tenti di strumentalizzare i segnali di malcontento di categorie produttive a fini estranei alla protesta, in chiave separatista, allo scopo di alimentare conflittualità all'interno del Paese, con ulteriori riflessi sul piano dell'ordine pubblico.
Il progetto secessionista appare idoneo a suscitare sentimenti e reazioni che rischiano di innescare una pericolosa spirale contrappositiva. In particolare, i gruppi della sinistra eversiva, anche di matrice brigatista, hanno continuato a trovare spunti propagandistici nella dura contestazione delle istanze autonomiste, ritenute espressione di un'asserita strategia "capitalista ed antiproletaria".
E' oggetto di attenta valutazione il rischio che la linea radicale secessionista possa trovare corrispondenze di varia natura in ambienti estremisti esteri.
Prosegue l'impegno dell' "intelligence", nell'ambito dei compiti istituzionali, al fine di prevenire accelerazioni in senso destabilizzante.


a. Linee di tendenza
L'analisi dell'attuale contesto criminale conferma l'elevato livello della minaccia insistente sul territorio, tanto da parte della delinquenza organizzata, quanto di quella comune. Accanto al progressivo radicamento di sodalizi stranieri, si è registrata, specie nelle aree urbane, la sensibile crescita di talune forme di microcriminalità - alimentate dall'incrementata diffusione delle sostanze stupefacenti, dalla devianza minorile e dal frequente coinvolgimento di extracomunitari - che, per crudeltà e violenza, suscitano particolare allarme nell'opinione pubblica.
La criminalità organizzata ha accentuato le proiezioni - soprattutto con riguardo al traffico di droga ed al riciclaggio - verso le Regioni del Centro Nord.
I clan di rilievo, che stanno vivendo una fase di recrudescenza della conflittualità interna, hanno optato per una strategia di apparente basso profilo operativo nei confronti delle Istituzioni. Ciò, essenzialmente allo scopo di:
- indurre lo Stato e la società civile ad una minore attenzione, accreditando il convincimento che possa considerarsi esaurita la funzione di quei provvedimenti normativi ispirati a particolare rigore e rivelatisi assai efficaci nell'azione di contrasto;
- favorire il riassetto organizzativo, la ridefinizione degli equilibri interni nonché la ricostituzione delle reti di copertura e di approvvigionamento di armi, anche sofisticate;
- privilegiare il reinvestimento degli ingenti proventi illeciti accumulati, cercando, nel contempo, il capillare controllo del territorio attraverso le estorsioni e l'usura. La diffusione di quest'ultima fattispecie criminosa - evidenziata dalla crescita anomala delle intermediazioni finanziarie in aree depresse - appare agevolata dalle note difficoltà di accesso al credito ordinario e da inserimenti criminali nei circuiti economico-finanziari.
E' proseguito il ricorso ad attività intimidatorie ed a tentativi di delegittimazione nei confronti di rappresentanti istituzionali e di chi, ad ogni livello, è impegnato sul fronte del contrasto.
Sul piano internazionale si vanno vieppiù sviluppando sinergie operative, a conferma della progressiva globalizzazione delle attività illegali. "Cosa nostra" palermitana, allo scopo di arginare il fenomeno del pentitismo, ha accentuato la compartimentazione e la clandestinità, anche attraverso l'utilizzazione di "cellule" composte da elementi la cui identità è nota esclusivamente ai vertici.
Anche in considerazione degli intendimenti attribuiti a taluni latitanti di spicco "corleonesi", si può ipotizzare l'emergere di una nuova leadership, formata da esponenti di clan un tempo contrapposti, che sarebbero impegnati a definire una manovra di "inabissamento" finalizzata a non attirare l'attenzione degli apparati di tutela. Se tale strategia dovesse realizzarsi, la criminalità palermitana potrebbe tornare a rimodellarsi secondo i vecchi canoni, con ciascuna "famiglia" che opera in maniera autonoma e partecipa alla gestione collegiale dell'organizzazione.
Per altro verso, non si può escludere che siffatto articolato disegno possa essere, in realtà, funzionale al rilancio di iniziative destabilizzanti.
Nella Sicilia orientale, dove il contesto criminale risulta notevolmente frammentato, permane l'accesa conflittualità fra i clan che si contendono il controllo del territorio e l'esercizio delle principali attività illecite.
La ‘ndrangheta sta assumendo una posizione preminente nel panorama delinquenziale internazionale, ove viene ritenuta più affidabile di altri sodalizi, soprattutto in ragione della compattezza derivante dalla sua difficile penetrabilità.
In espansione sia per consistenza numerica che su base territoriale, attraverso una strategia, dagli evidenti connotati eversivi, di progressiva surrogazione allo Stato, persiste nella determinazione a conseguire il controllo della vita economica sociale, anche con il consenso di fasce della popolazione locale.
Le cosche reggine risultano le più pericolose: esse, infatti, dispongono di armi sofisticate e di ingenti risorse finanziarie, tali da rendere sempre possibili azioni aggressive contro rappresentanti istituzionali ed, in particolare, esponenti dell'ordine giudiziario.
In Campania, lo scenario criminale continua ad essere caratterizzato dalla presenza di gruppi di primo piano, tuttora al centro della rete internazionale del crimine organizzato, ai quali si affianca una miriade di piccole bande di tipo gangsteristico che si contendono il territorio attraverso azioni efferate.
La camorra mantiene inalterata la sua pericolosità, espressa dal consolidamento del ruolo primario nel narcotraffico e dai rapporti con le mafie dell'Est nonché dalla perdurante capacità invasiva del sistema socioeconomico. Il possibile inserimento nella gestione di ingenti investimenti, correlati alla prevista realizzazione di importanti opere pubbliche nella zona, potrebbe rappresentare l'occasione per significative aggregazioni fra clan attualmente in forte contrasto.
L'assenza di un'organizzazione dominante caratterizza la criminalità pugliese, tuttora articolata in piccoli gruppi che, sia pur territorialmente parcellizzati ed indipendenti, gestiscono i traffici illeciti (stupefacenti, armi, tabacchi e clandestini) secondo logiche tipicamente mafiose.
Si conferma il ruolo di rilievo dei "capi storici" detenuti e, soprattutto a Bari, quello della delinquenza minorile che, nell'assicurare il continuo ricambio degli organici dei clan, risulta protagonista di un'attività delittuosa diffusa e particolarmente virulenta.
Le forti cointeressenze e la crescente "cooperazione" con una sempre più determinata mafia albanese potrebbero favorire l'espansione della criminalità pugliese anche al di fuori del proprio territorio.

b. Strategia di contrasto - azione dei Servizi
L'impegno del SISDe in direzione del crimine organizzato si è concentrato sulle dinamiche evolutive dei sodalizi di rilievo e sulle loro principali attività delittuose.
L'azione informativa si è tradotta nell'invio agli Organi interessati di circa 200 segnalazioni, asseverate da conferme e riscontri nella successiva attività di polizia giudiziaria, che hanno consentito l'arresto di 93 persone, di cui 19 per associazione mafiosa, 23 per delitti in materia di stupefacenti, 10 per detenzione illegale di armi e 41 per altri reati. Sono stati, inoltre, sequestrati notevoli quantitativi di droga, materiale esplosivo, valori nazionali ed esteri, anche falsificati, e numerose opere d'arte contraffatte.
L'attività del Servizio ha anche permesso la cattura di 11 latitanti, l'emissione di 7 provvedimenti restrittivi nei confronti di persone già detenute e la denuncia di altre 177, di cui 46 per associazione di stampo mafioso.
Il SISMI ha concentrato l'attenzione verso le proiezioni internazionali del fenomeno criminale, con particolare riguardo ai collegamenti tra i vari gruppi italiani e stranieri, finalizzati ad attività illecite di varia natura, specie il riciclaggio ed i traffici di armi e droga.
Pur a fronte dei positivi risultati ottenuti, va rilevato come l'attuale minaccia transnazionale, costituita dal fenomeno della criminalità organizzata, fa sì che una più incisiva strategia di repressione renda imprescindibile la maggiore interazione, a livello internazionale, tra gli organismi deputati al contrasto, nell'auspicio di una funzionale armonizzazione delle legislazioni dei vari Stati.
In tale ambito, il nostro Paese sta vieppiù acquisendo un ruolo di impulso, attesa la proficua esperienza normativa e giudiziaria, unanimemente riconosciuta all'estero.


a. Immigrazione clandestina
Capillare e coordinata azione informativa è stata svolta in direzione dei flussi migratori clandestini, con specifico riferimento alle molteplici ripercussioni sulla sicurezza.
Le rotte che dall'Est insistono sui confini terrestri e quelle che dal Sud interessano le coste della Sicilia non hanno fatto registrare significativi incrementi.
Le frontiere maggiormente a rischio risultano essere quelle marittime sudorientali, utilizzate quale via d'ingresso in Europa, oltre che da extracomunitari provenienti dall'area balcanica, da elementi di etnia curda e da esteuropei, asiatici e nordafricani.

PRESSIONE MIGRATORIA SULLE FRONTIERE MARITTIME SUDORIENTALI



Continua, inoltre, a palesarsi un progressivo interessamento - in alternativa ai tradizionali luoghi di approdo del Salento - dei litorali meno presidiati dell'alto Adriatico e della fascia ionica calabrese, secondo gli itinerari più di recente seguiti dalla malavita albanese, che si conferma il principale gestore del trasporto dei clandestini in questo tratto di mare.
Parallelamente, l'affermarsi di potenti e ramificate organizzazioni criminali transnazionali con base nel Vicino Oriente ha creato proprio in tale zona una sorta di bacino di raccolta e smistamento per masse di profughi diretti in Italia attraverso l'Albania o le isole della Grecia.
L'attività di "intelligence" ha evidenziato, in questo contesto, snodi e centri di raccordo in Asia, Africa ed Europa, livelli di "efficienza" di particolare insidiosità ed interconnessioni a fini logistici tra gruppi criminali e formazioni estremiste.
Particolare attenzione è stata dedicata alle articolazioni italiane ed estere operanti sul territorio nazionale, che favoriscono l'ingresso illegale di extracomunitari e sono dedite al traffico di documenti falsi.
L'azione del SISMI nel settore, riferita al monitoraggio dei natanti in partenza dalle coste albanesi, ha portato all'inoltro di puntuali informative agli Enti interessati e, sul piano operativo, al sequestro di 106 natanti ed al fermo di 3.195 clandestini, di cui 1.950 albanesi e 937 curdi.
La sfera di attivazione dei Servizi nel contrasto all'immigrazione clandestina ha riguardato, altresì, le problematiche alla base del fenomeno, anche allo scopo di fornire al Governo elementi utili per l'elaborazione di più ampie ed adeguate strategie di intervento.
In questo senso, sono stati inviati agli Organi competenti circostanziati rapporti informativi e valutativi sulle situazioni in atto nei luoghi di origine dei flussi migratori e sui possibili riflessi per il nostro Paese.
E' stato evidenziato come, in talune realtà politico-istituzionali dell'area balcanica, persistano forme di corruzione che alimentano i circuiti di illegalità.
Specifica attenzione è stata riservata alle aree più segnate dalla violenza di matrice radicale islamica, atteso il rischio che, soprattutto tra i clandestini nordafricani, possano celarsi esponenti dell'integralismo armato.
Pari rilevanza è stata attribuita alla questione curda ed all'acuirsi del conflitto nelle regioni turco-irachene, tradottosi in una pressione migratoria verso le nostre coste che ha fatto registrare sbarchi in massa e che, secondo molteplici e concordanti acquisizioni, rischia di assumere le dimensioni di un vero e proprio esodo. Il fenomeno ha suscitato preoccupate reazioni a livello internazionale, in ragione del fatto che il suolo italiano può essere utilizzato quale via di transito per altri Paesi d'Europa.
Anche sotto questo profilo, ed in correlazione con le responsabilità nei confronti degli altri partners dell'area Schengen, si sono imposte mirate iniziative in materia di immigrazione, intraprese tempestivamente dal Governo.

b. Presenza di cittadini stranieri di interesse sotto il profilo della sicurezza
- sodalizi criminali. Sul versante interno, è proseguito il monitoraggio delle realtà sociali maggiormente interessate dalla presenza di clandestini, al fine di cogliere per tempo segnali di insofferenza o intolleranza che possano ripercuotersi sia sull'ordine pubblico, sia sul processo di integrazione degli immigrati regolarmente presenti nel nostro Paese. In tale ottica, hanno costituito oggetto di puntuale attività informativa i sodalizi delinquenziali stranieri operanti sul territorio nazionale.


SEGNALAZIONI CONCERNENTI LA PRESENZA DI SODALIZI CRIMINALI STRANIERI SUL TERRITORIO NAZIONALE



Le attività criminali di maggior impatto e visibilità - dal traffico di droga allo sfruttamento della prostituzione - rimandano, in primo luogo, alla mafia albanese che, ormai da tempo, sfrutta i canali dell'immigrazione irregolare per ogni altro traffico illecito dall'area balcanica e, soprattutto, per l'immissione di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sul mercato italiano.
Al riguardo, la crescente interazione con sodalizi russi, georgiani ed armeni potrebbe consentire ai gruppi albanesi di associare ai tradizionali carichi di marijuana consistenti partite di eroina provenienti dall'Asia centrale.
Quanto ai rapporti con la criminalità organizzata italiana, si confermano le alleanze operative con le cosche pugliesi e talune intese con la camorra, mentre si sospettano contatti con la ‘ndrangheta, specie per le opportunità da quest'ultima offerte nel campo del riciclaggio.
Il reinvestimento di capitali in attività legali costituisce il principale ambito di azione della cd. mafia russa, che riversa i cospicui proventi dei più remunerativi traffici illeciti soprattutto nei settori import-export e turistico-alberghiero dell'Italia centrosettentrionale.
Le consorterie cinesi facenti capo alle "triadi" gestiscono prevalentemente l'immigrazione clandestina di connazionali, curando la "canalizzazione" di questi ultimi nei circuiti del commercio di droga, delle bische clandestine e delle estorsioni, ovvero in quelli del lavoro nero, specie nei comparti manifatturiero e della ristorazione.
Al traffico di sostanze stupefacenti ed allo sfruttamento della prostituzione risultano dediti per lo più i gruppi nigeriani, che hanno raggiunto pericolose forme di radicamento in diverse aree del Paese.
Più complessi e peculiari aspetti presentano alcune forme associative di etnia curda e tamil che, sovente con la copertura di strutture ufficiali di accoglienza e solidarietà, gestiscono l'immigrazione clandestina di connazionali ed il traffico di droga evidenziando, talora, contiguità con organizzazioni terroristiche di matrice separatista operanti nei luoghi di origine.
- gruppi oltranzisti. Il massiccio flusso migratorio, non solo clandestino, di extracomunitari di religione islamica ha determinato il proliferare di centri di aggregazione che, se da una parte costituiscono espressione di diritti costituzionalmente garantiti, dall'altra sono, spesso, punti di riferimento per elementi schierati su posizioni oltranziste, determinati a diffondere e ad alimentare tra i compagni di fede una forte ostilità antioccidentale.
In tale ambito, l'attività informativa, pur nell'assoluto rispetto del sentimento religioso e della fondamentale libertà di esercizio del culto per gli aderenti a ciascuna confessione, mira a tutelare l'interesse alla sicurezza attraverso appropriati controlli dei simpatizzanti e dei fiancheggiatori dei gruppi dell'integralismo armato.
L'attivismo di tali soggetti e le più volte segnalate interazioni tra integralisti islamici di diversa nazionalità hanno trovato ulteriore, significativa conferma nell'operazione di polizia, condotta a Bologna in settembre con il contributo del SISDe, che ha portato all'arresto di un cittadino algerino ricercato in Spagna e di altri stranieri, in prevalenza tunisini, sospettati di appartenere ad una cellula di supporto al terrorismo algerino.
L'inchiesta e l'insieme delle evidenze informative acquisite dai Servizi in un contesto di ampia collaborazione internazionale hanno consentito, inoltre, di delineare la complessa rete delle articolazioni europee da tempo intessuta dal radicalismo algerino.
Permane latente il rischio di rappresaglie in relazione alle iniziative giudiziarie intraprese nei confronti di elementi di spicco dell'estremismo islamico.
Per quanto attiene all'integralismo egiziano, i Servizi hanno acquisito informazioni, inviate ai competenti organi di p.g., circa il coinvolgimento in traffici illeciti a livello internazionale di taluni esponenti di rilievo, operanti per lo più in Lombardia e Puglia.

PRINCIPALI COLLEGAMENTI DEL RADICALISMO ISLAMICO IN EUROPA



Al vaglio di accurati approfondimenti informativi sono state sottoposte le molteplici segnalazioni relative a minacce di attentati sul territorio nazionale ad opera di formazioni mediorientali. In tale contesto, sono state valutate indicazioni in ordine a cittadini stranieri presenti in Italia, sospettati di legami con ambienti esteri contigui ad organizzazioni terroristiche libanesi.
Attesa la vicinanza geografica con il nostro Paese, hanno assunto particolare rilievo le acquisizioni relative alla crescente penetrazione islamica nei Balcani ad opera di Stati fondamentalisti ed al sospetto trasferimento verso strutture di sostegno all'integralismo armato di parte dei cospicui finanziamenti destinati ad enti di carattere religioso ed umanitario.


Nell'attuale congiuntura, che permane insidiata da fattori di instabilità esterni ed interni, la tutela della sicurezza economica del Paese diviene sempre più un prioritario campo di attenzione dei Servizi.
A questo riguardo, è da sottolineare come, sotto il profilo organizzativo, ha trovato positiva realizzazione l'iniziativa di una concertata collaborazione con Dicasteri e Organismi di vigilanza, finalizzata all'elaborazione di analisi strategiche in campo economico-finanziario, attraverso efficaci moduli operativi, in cui le diverse competenze professionali interagiscano stabilmente mediante lo scambio informativo e disamine collegiali.
L'attività di ricerca ha riguardato settori produttivi sensibili del Paese, fenomeni di infiltrazione criminale nei circuiti dell'economia legale, forme di inquinamento del sistema finanziario prodotte anche da situazioni di instabilità oltre confine, manovre di penetrazione riconducibili a soggetti provenienti da Paesi d'interesse, tentativi di appropriazione dei risultati della ricerca scientifica e di spionaggio industriale in comparti strategici.
Particolare impegno è stato profuso nell'analisi delle situazioni di tensione connesse al problema occupazionale in alcune zone e delle prospettive di crisi di comparti vitali dell'apparato produttivo di beni e servizi, sempre in grado di alimentare manifestazioni, talvolta anche eclatanti, di protesta e di esasperazione sociale.
Carattere di priorità è stato riconosciuto all'individuazione dei canali d'infiltrazione delle grandi organizzazioni criminali, endogene e transnazionali, nel tessuto economico legale del Paese, con riguardo sia agli appalti per le grandi opere che verranno realizzate a cavallo del terzo millennio, sia alla gestione di progetti e di iniziative finalizzati al rilancio occupazionale delle zone depresse del Paese.
Quanto alle forme di reinvestimento dei capitali di illecita provenienza, le principali consorterie delinquenziali, soprattutto quelle straniere, sono proiettate specie verso i settori immobiliare e turistico-alberghiero, non tralasciando le forme abituali come il traffico di valuta e l'inquinamento del sistema creditizio mediante il suo utilizzo a fini di riciclaggio.
A questo proposito, sono state segnalate sospette operazioni nel settore bancario da parte della mafia russa e di alcuni cittadini africani residenti in Italia.
Sono stati, inoltre, presi in esame i possibili rischi di contaminazione del nostro sistema economico-finanziario, indotti dalla situazione di instabilità che caratterizza l'Albania, per quel che attiene tanto al possibile ruolo svolto da intermediari italiani nella gestione dei risparmi raccolti dalle finanziarie "piramidali", quanto a tentativi di frode finalizzati a precostituire condizioni per indebite captazioni di sussidi erogati per il rilancio economico di quel Paese.
E' proseguita l'attività informativa volta ad individuare gli insediamenti economici, aventi sede in Italia, in cui siano presenti capitali o interessi riconducibili a soggetti provenienti da Paesi controindicati, nonché casi di elusione degli embarghi sanciti dall'ONU.
In materia di tutela del patrimonio industriale, scientifico e tecnologico di interesse nazionale strategico, sono state raccolte evidenze su presunti tentativi di appropriazione dei risultati della ricerca condotta in campo nucleare e su azioni di spionaggio poste in essere nei settori informatico e delle telecomunicazioni.
Con riferimento al comparto della difesa e delle produzioni ad alto contenuto tecnologico, sono proseguiti il monitoraggio delle principali commesse ottenute da aziende italiane sui mercati internazionali, l'analisi dell'interscambio Italia-Estero e la rilevazione degli investimenti stranieri nelle industrie nazionali del settore.


a. Minacce all'ecosistema
Nel campo della sicurezza ambientale, l'attività di "intelligence" è stata orientata in direzione del traffico e dello smaltimento illegale di rifiuti tossico-nocivi, considerato l'accentuato dinamismo che verso tale settore manifestano le principali organizzazioni criminali, continuamente protese alla ricerca di nuovi spazi che garantiscano elevati margini di profitto. Particolarmente delicata risulta la situazione nel meridione, dove il contrasto al fenomeno è reso difficoltoso dal forte radicamento territoriale della criminalità.

b. Reti telematiche
Continua a rivestire particolare interesse l'impiego delle tecnologie telematiche operato dai sodalizi criminali, non solo sul versante del riciclaggio e delle frodi finanziarie, ma anche nella perpetrazione di taluni reati che stanno destando particolare allarme sociale.
Sono, altresì, da tempo all'attenzione i rischi di una diffusione sempre maggiore della pirateria informatica come mezzo per penetrare e sabotare banche dati protette; in Italia si starebbero costituendo gruppi che, dietro la facciata di associazioni di utenti "internet", effettuerebbero tentativi di manomissione a danno di archivi informatici.
Nel nostro Paese risulta, inoltre, particolarmente fertile la riproduzione illegale di programmi, che comporta, tra l'altro, una propagazione dei virus informatici.

c. Altri fenomeni d'interesse
E' proseguita l'attività di monitoraggio in direzione delle organizzazioni settarie, in progressiva espansione anche nel nostro Paese, al fine di individuare quelle articolazioni che, per finalità ed obiettivi, presentano particolari rischi di tipo sociale e criminale. Finora, nella maggior parte dei casi, si sono evidenziati intenti fraudolenti, prevalentemente a sfondo economico. Segnali di potenziale minaccia derivano dalla possibile manipolazione di soggetti, specie nel mondo giovanile e studentesco, verso ideali che fanno leva su messaggi antisistema ed autodistruttivi della personalità, suscettibili di ingenerare atteggiamenti di esaltazione e fanatismo, pericolosi per la collettività.




Lo scenario internazionale continua ad essere caratterizzato da estese aree di instabilità e da numerose situazioni di crisi, le cui conseguenze sono suscettibili di riflettersi sul territorio nazionale.
Il processo di globalizzazione dei vari fenomeni, ivi compresi quelli attinenti alla sicurezza, ha evidenziato come avvenimenti che si succedono in regioni molto lontane possano incidere sulle condizioni del nostro Paese.
In tale quadro, l'attività dei Servizi ha riguardato prevalentemente le aree di più diretto interesse "intelligence", consentendo, anche attraverso la cooperazione con gli Organismi collegati, di individuare e tenere sotto controllo i principali fattori di rischio.
In Albania, nonostante qualche segnale di miglioramento, permangono fattori di instabilità dovuti ai forti contrasti politici ed agli irrisolti problemi economico-sociali.
Nella ex Iugoslavia si registrano molteplici e diffuse indicazioni di un possibile deterioramento degli equilibri faticosamente conseguiti con gli accordi di Dayton. Persistono i problemi relativi al rientro dei profughi nelle zone di provenienza, alla consegna dei criminali di guerra ed alle difficili condizioni economiche della regione. Quest'ultima circostanza favorisce la realizzazione di iniziative di varia natura da parte di taluni Paesi extraeuropei, intenzionati ad accrescere la propria influenza nell'area.
In Bosnia Erzegovina, dalle elezioni amministrative e politiche è emerso un orientamento della popolazione verso i partiti rappresentativi delle varie etnie con marcata connotazione nazionalista.



Nella Repubblica Federale di Iugoslavia, le ultime consultazioni hanno ulteriormente evidenziato la precarietà degli equilibri politici interni. Infatti, la crescita sia delle forze nazionaliste che di quelle autonomiste si sta già riflettendo sulle tensioni interetniche nella provincia serba del Kossovo.
Nella Federazione Russa, a fronte dei perduranti contrasti all'interno della dirigenza tra l'ala riformista e quella conservatrice, si registra l'adozione di una politica estera ispirata da un atteggiamento di fermezza nei confronti dell'Occidente, anche in relazione all'allargamento della NATO ad Est.
In seno alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) continuano a rilevarsi spinte autoritarie (Belarus), contrasti istituzionali (Ucraina) e conflitti interetnici (Georgia, Armenia, Azerbaigian e Tagikistan).
In Medio Oriente, le difficoltà per la ripresa del processo di pace israelo-palestinese rischiano di porre le basi per l'insorgenza di una rinnovata conflittualità.
Nella regione del Golfo Persico, l'acuirsi dei contrasti tra l'Iraq e l'ONU evidenzia il pericolo di una nuova fase d'instabilità.
Nell'area nordafricana permangono situazioni destabilizzanti connesse all'immutata capacità offensiva dei gruppi terroristici di matrice islamica.
Nel Corno d'Africa, le numerose iniziative diplomatiche tese a normalizzare la situazione non hanno sortito fino ad ora risultati significativi.
Nell'Africa Centrale, le già precarie condizioni igienico sanitarie e dell'ordine pubblico risultano ulteriormente aggravate a causa dei diffusi episodi di violenza politico-tribale. Particolare attenzione è stata rivolta, altresì, all'attività svolta da Servizi dell'Est europeo, mediorientali e magrebini. Analogo impegno è stato profuso al fine di contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa ed i possibili rischi di natura terroristica connessi all'attivismo espresso dalle organizzazioni estremiste islamiche, separatiste curde e tamil.


a. Sicurezza militare - evoluzione della situazione nelle aree di maggiore interesse
- area balcanica. In Albania, la situazione permane caratterizzata da instabilità politica favorita dall'inasprimento del confronto fra maggioranza ed opposizione, mentre emergono segnali di dissenso pure all'interno del Partito Socialista Albanese, attualmente al Governo. Rimangono, inoltre, precarie le condizioni di vita della popolazione, anche per la mancata soluzione del problema del rimborso dei fondi versati alle società finanziarie fallite, che si sta prestando a tentativi di strumentalizzazione tesi a delegittimare il potere centrale.
I suddetti fattori politici e socio-economici incidono negativamente sulle condizioni di sicurezza poiché favoriscono l'ulteriore radicamento sul territorio della criminalità organizzata, le cui attività presentano aspetti di collusione con settori istituzionali. Sono proseguiti gli attentati terroristici di matrice sia criminale che politica, a conferma della perdurante inadeguatezza delle misure di controllo dovuta alla carenza di personale e mezzi delle Forze di polizia. Anche le operazioni di disarmo della popolazione hanno conseguito risultati limitati.
Tale quadro sembra destinato a persistere nel breve, medio periodo e non è da escludere un aggravamento della situazione nei prossimi mesi. Ciò rende tanto più necessaria un'azione coordinata ed incisiva da parte della comunità internazionale, la quale ha già promosso iniziative intese a favorire la possibile ripresa del Paese.
A tale riguardo, particolare rilevanza assume l'impegno italiano volto a ripristinare, anche attraverso la cooperazione bilaterale nei settori della sicurezza e della difesa, progressive condizioni di stabilità. L'assunzione diretta di responsabilità, peraltro, comporta dei rischi per il nostro personale che opera in Albania, la cui attività può essere vista come un ostacolo, da parte della criminalità organizzata locale, alla realizzazione dei propri traffici illeciti.
In Bosnia-Erzegovina, permangono immutati i fattori di tensione, che incidono negativamente sulla completa realizzazione degli accordi di Dayton. In particolare, le istituzioni centrali, pur se formalmente attivate a seguito delle forti pressioni della comunità internazionale, di fatto non riescono ad esercitare poteri decisionali.
Nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, si è acuito lo scontro politico-istituzionale tra il Presidente Plavsic ed i settori nazionalisti e radicali, con pregiudizio delle condizioni di sicurezza per il personale internazionale. Hanno soprattutto suscitato reazioni nella popolazione le iniziative della Forza di Stabilizzazione tese a catturare i criminali di guerra.
All'interno della Federazione Croato-Musulmana, si evidenziano segnali di conflittualità tra le diverse etnie, soprattutto per il ruolo emergente dei musulmani decisi a far valere la posizione di forza acquisita a seguito delle elezioni.
Nella Repubblica Federale di Jugoslavia, la sofferta elezione di Milutinovic a Presidente della Serbia testimonia il sussistere di condizioni di precarietà negli equilibri interni. Contestualmente, le elezioni per il rinnovo del Parlamento tenutesi in Serbia ed in Montenegro hanno registrato, rispettivamente, una crescita delle forze nazionaliste più radicali e l'affermazione dei settori politici favorevoli ad una maggiore autonomia da Belgrado. Sul piano della sicurezza si segnala un aumento della tensione nella Provincia serba del Kosovo, dove la disponibilità di armi sottratte da depositi militari albanesi potrebbe favorire iniziative delle frange radicali albano-kosovare propense alla lotta armata.
La precarietà degli equilibri interni alla Federazione e la negativa congiuntura economica, aggravata dall'embargo e dal problema dei profughi, potrebbero determinare il deterioramento della situazione con effetti destabilizzanti sull'intera area.
La Repubblica ex jugoslava di Macedonia (FYROM) attraversa una difficile fase congiunturale, riconducibile a problematiche socio-economiche (crescente tasso di disoccupazione e questione del rimborso dei risparmi versati alle società finanziarie di credito informale) nonché alla precarietà dei rapporti tra il Governo e la componente albano-macedone. Quest'ultima, tra l'altro, sembra ricercare una maggiore concertazione con le frange radicali albano-kosovare.
- Comunità degli Stati Indipendenti. Nella Federazione Russa, la politica del Presidente Eltsin, caratterizzata dalla volontà di procedere sulla strada delle riforme ritenute indispensabili per rilanciare lo sviluppo del Paese, sia a livello nazionale che internazionale, rischia di subire ulteriori rallentamenti. Proseguono, infatti, i contrasti politici tra il gruppo dei neoriformatori e quello dei conservatori in merito al processo di privatizzazione delle principali società statali ed all'adozione di una più trasparente regolamentazione dei processi economici.
Inoltre, i ritardi nel pagamento delle retribuzioni e nell'emanazione di provvedimenti per la riforma dello stato sociale, anche per la perdurante inadeguatezza del gettito fiscale, potrebbero suscitare un aumento delle tensioni sociali.
Continuano i tentativi di strumentalizzare politicamente lo stato di disagio delle Forze Armate, con grave pregiudizio per l'affidabilità della struttura militare, cui è tuttora demandata la gestione di un arsenale di elevatissimo potenziale strategico.
Rimane prioritario il problema rappresentato dalle capacità di penetrazione della criminalità organizzata in vari settori dell'economia pubblica.
Il processo di normalizzazione avviato in Cecenia registra una fase di stallo per la mancanza di risultati concreti nelle trattative di pace con la Russia, causato dall'irrigidimento delle parti sulla definizione dello status della Repubblica. Le divergenze venutesi a creare potrebbero essere sfruttate dai gruppi estremisti islamici e radicali al fine di esasperare i toni del confronto e vanificare gli sforzi per una soluzione di compromesso. L'eventuale deterioramento della situazione è destinato ad incidere negativamente sugli equilibri interni delle Repubbliche russe del Caucaso.
Sul piano internazionale, la Russia appare interessata a diversificare la rete di alleanze per ampliare i propri margini di manovra. La diplomazia russa si è dimostrata molto attiva nei confronti dei Paesi del Medio Oriente, rafforzando, in particolare, i rapporti con Iran e Iraq.
Si rileva, inoltre, la volontà di Mosca di riaffermare il proprio ruolo di guida della CSI. A tale riguardo, peraltro, i partiti di opposizione rimproverano all'attuale dirigenza di non essere riuscita a conferire alle Istituzioni comunitarie un efficace ruolo di coordinamento e di indirizzo delle politiche degli Stati membri.
In Belarus, sussistono i rischi connessi all'involuzione in senso autoritario del regime del Presidente Lukashenko, intenzionato ad accentuare le misure di repressione al fine di prevenire un aumento delle manifestazioni di protesta ed il conseguente deterioramento dell'ordine pubblico.
In Ucraina, emergono crescenti contrasti tra il Presidente Kuchma e il Parlamento. Nell'imminenza delle elezioni politiche (marzo 1998) potrebbe verificarsi una radicalizzazione delle rispettive posizioni, con l'aumento dell'instabilità del quadro politico-istituzionale, suscettibile di pregiudicare l'attuazione del programma di riforme socio-economiche.
Nella regione caucasica permangono condizioni di instabilità, soprattutto in Georgia, per la mancata composizione del contenzioso con la Repubblica secessionista di Abkhazia, e nel Nagorno-Karabkh, dove i migliorati rapporti tra l'Armenia e l'Azerbaigian potrebbero preludere alla soluzione negoziale della crisi.
In Tagikistan, nonostante la firma di un accordo di pace tra il Governo e l'opposizione (OTU), sussistono condizioni di conflittualità. Nell'area rimangono, pertanto, elevati livelli di tensione che potrebbero determinare la ripresa delle attività delle formazioni armate, con il coinvolgimento anche del personale delle Organizzazioni umanitarie, e favorire l'espansione del fondamentalismo islamico.
- area mediorientale e del Golfo Persico. Il processo di pace in Medio Oriente attraversa una delle fasi più critiche dal suo avvio. Il generale rallentamento nell'applicazione degli accordi di Oslo, gli atti di terrorismo condotti nei Territori palestinesi ed i frequenti scontri a fuoco in Libano hanno determinato un grave deterioramento dei rapporti tra israeliani e palestinesi, con più ampi riflessi a livello regionale, ove la crisi sta favorendo una rinnovata coesione dei Paesi arabi in chiave anti-israeliana.
Nei Territori amministrati dai palestinesi l'assenza di significativi sviluppi nelle trattative con Israele ha accresciuto le distanze tra l'Autorità Nazionale Palestinese e settori della popolazione di Gaza e Cisgiordania. Ripercussioni sulla credibilità della leadership di Arafat sono derivate, altresì, dall'endemica crisi economica, riconducibile all'incapacità ed alla corruzione degli operatori, agli scarsi investimenti, nonché a carenze strutturali.
In ambito israeliano, è difficile la posizione del Premier Netanyahu, chiamato a sostenere il peso delle pressioni internazionali, intese a fare rispettare integralmente l'applicazione degli accordi conseguiti, e di settori della coalizione di Governo che si oppongono ad ogni ulteriore concessione nei confronti del mondo arabo.
Sul piano regionale, ulteriore motivo di incertezza è costituito dalle problematiche connesse all'eventuale successione del Presidente siriano Assad, le cui condizioni di salute continuano a destare preoccupazione.
Anche nell'area del Golfo Persico si è registrato un incremento delle tensioni e, in particolare, in Iraq, i cui contrasti con l'ONU si sono accentuati dopo la decisione di espellere gli ispettori della Commissione incaricata di controllare il disarmo nel Paese (UNSCOM). Tale contenzioso è stato strumentalizzato dal Governo, quale importante fattore di aggregazione popolare, al fine di limitare gli effetti delle diverse spinte centrifughe che caratterizzano la società irachena, colpita da una grave crisi socioeconomica e da continue epurazioni nelle strutture di potere.
Il regime, nonostante il malessere sociale, le defezioni nell'ambito dei vertici militari e gli asseriti tentativi di colpo di stato, continua, tuttavia, a mantenersi stabile.
Sotto il profilo economico, permangono i disagi per le restrizioni conseguenti al protrarsi delle sanzioni ONU, anche se si registra un lieve miglioramento determinato dall'applicazione della Risoluzione n. 986 che consente all'Iraq limitate esportazioni di greggio che abbiano quale contropartita l'acquisto di generi di prima necessità.
In Iran, la nomina a Presidente della Repubblica, a seguito della vittoria elettorale, di Seyed Mohammed Khatami, lascia intravedere possibili linee di evoluzione della politica iraniana. Il Governo appare infatti impegnato a rilanciare il programma di liberalizzazione dell'economia ed a ridurre l'isolamento diplomatico. Tuttavia, ostacoli alle riforme possono essere posti dalle componenti più conservatrici del regime, ancora in grado di controllare settori chiave degli apparati statali.
Inoltre, contestualmente alle aperture verso il mondo occidentale permangono le aspirazioni egemoniche iraniane in ambito regionale, l'attività d'influenza nei Balcani e la politica di potenziamento di un apparato militare che pare eccedere le reali esigenze difensive del Paese.
- area nordafricana e Corno d'Africa. In Algeria, non accenna ad attenuarsi il clima di violenza, nonostante sia quasi concluso l'iter di revisione costituzionale promosso dal Presidente Zeroual alla fine del 1995. Le autorità sono apparse intenzionate a migliorare la propria immagine, compromessa dalle accuse relative a presunti coinvolgimenti di apparati istituzionali in episodi terroristici.
Inoltre, al fine di consolidare il processo avviato, sono state promosse caute aperture nei confronti di settori dell'opposizione, nel cui ambito è andata affermandosi progressivamente, anche se non unanimemente, una linea politica favorevole al negoziato. Ciò ha provocato ripercussioni nei gruppi più estremisti, che hanno intensificato la lotta armata arrivando a compiere stragi sempre più efferate con sommarie e crudeli esecuzioni di militari e civili.
A breve-medio termine, non è prevedibile un miglioramento delle condizioni di sicurezza, con conseguenti rischi per gli approvvigionamenti energetici e, ovviamente, per le imprese ed il personale straniero che operano nel Paese.
In Libia, si segnala una progressiva azione di proselitismo da parte degli estremisti islamici negli apparati di sicurezza, comprese le Forze Armate.
Sul piano economico, la recente decisione della Lega Araba di attuare una serie di misure tese a ridurre le attuali restrizioni, congiunta agli sforzi di Tripoli per rafforzare la cooperazione politico-economica a livello regionale ed internazionale, stanno mitigando gli effetti del regime sanzionatorio sui settori produttivi.
Permangono rischi per il bacino del Mediterraneo derivanti da un'eventuale destabilizzazione del Paese, anche se il leader libico sembra tuttora in grado di garantire gli equilibri interni e la stabilità del regime.
In Egitto, l'attuale fase politica pone in primo piano le problematiche di carattere socioeconomico. Infatti, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione rappresenta il principale obiettivo per le autorità governative, quale deterrente della minaccia proveniente dagli ambienti dell'estremismo islamico. In tale ambito, è emerso il rinnovato attivismo del gruppo di al-Iama'ah al-lslamiyyah, che ha rivendicato il grave attentato di Luxor (17 novembre), minacciando analoghe azioni di rappresaglia in concomitanza con l'apertura o lo svolgimento di processi contro propri militanti.
In Sudan, si rileva il possibile deterioramento dell'assetto socio-politico, connesso all'aumento dello stato di conflittualità interna ed all'incremento della tensione nelle aree di confine con Eritrea, Etiopia ed Uganda.
Nella regione del Corno d'Africa, le problematiche di carattere politico e sociale condizionano ogni possibile soluzione della crisi somala ed il consolidamento delle giovani democrazie dell'area. Si registra, altresì, un improvviso innalzamento delle tensioni in Kenia, dove gli esiti delle recenti elezioni, su cui sono stati avanzati forti sospetti di brogli, potrebbero innescare una grave spirale di violenza.
A ciò si aggiunge l'attivismo dei movimenti fondamentalisti islamici, finalizzato ad estendere l'area di influenza. L'attività informativa è particolarmente rivolta ad individuare eventuali iniziative terroristiche in danno di interessi italiani ed occidentali.
In Somalia, l'intesa faticosamente conseguita sul futuro assetto istituzionale del Paese sembra preludere all'avvio del processo di normalizzazione. Permangono, comunque le difficoltà derivanti dalle rivalità tra i vari leader che spesso non sembrano in grado di controllare le loro stesse milizie. L'esito della prossima Conferenza di Riconciliazione Nazionale, in programma per la metà di febbraio 1998 a Baidoa, potrebbe costituire il concreto punto di partenza per la soluzione della crisi somala.
- Africa centrale. Le perduranti situazioni di conflittualità che si registrano in numerosi Paesi continuano a rivestire interesse informativo, soprattutto in relazione ai pericoli per la sicurezza dei nostri connazionali.
b. spionaggio
E' rimasto inalterato il livello di pericolosità delle attività di spionaggio a danno degli interessi italiani, che hanno richiesto una paziente e capillare attenzione controinformativa per neutralizzare tentativi di ogni genere, spesso connotati da notevole insidiosità.
Per quanto riguarda l'area balcanica, è stata particolarmente intensa l'azione di controllo nei confronti dei profughi, per l'evenienza che tale condizione potesse costituire una copertura per iniziative lesive della sicurezza nazionale.
Nei settori tecnologico e politico militare è proseguita l'attività informativa dei Servizi di alcuni Paesi dell'Est europeo, mediante l'utilizzazione di soggetti inseriti in rappresentanze ufficiali, nonché in strutture commerciali, finanziarie e scientifiche. Di interesse, inoltre, si sono rivelate possibili connessioni, in fase di approfondimento, con emergenti organizzazioni criminali.
I Servizi di taluni Paesi mediorientali hanno proseguito il controllo sulla dissidenza e la ricerca informativa nei settori tecnologico ed economico, anche con la copertura di rappresentanze diplomatiche, organizzazioni turistiche e società commerciali. Gli stessi hanno, altresì, promosso iniziative volte all'elusione degli embarghi ONU e cercato di sviluppare forme di infiltrazione in ambienti studenteschi e dell'estremismo politico.
Alcuni Servizi nordafricani persistono nei tentativi di eludere le restrizioni dovute alle situazioni di embargo, anche attraverso la ricerca di contatti con operatori politici ed economici nazionali.
L'attività di contrasto ha consentito l'individuazione di 33 agenti spionistici, di cui 11 in Italia.

c. Terrorismo internazionale
Elevata attenzione informativa ha imposto la minaccia terroristica di matrice islamica, anche in relazione alla possibilità sempre presente che gli integralisti optino per un'esportazione della lotta armata al di fuori dei Paesi di origine.



Sul versante algerino, la deriva stragista attuata in patria dalle formazioni più radicali ai danni della popolazione civile costituisce, ad un tempo, causa ed effetto del loro accentuato isolamento. In questa fase, il tentativo di recuperare consensi tra gli estremisti transitati in schieramenti più moderati potrebbe ispirare azioni contro cittadini o interessi occidentali, anche al fine di scoraggiare ogni iniziativa di mediazione internazionale
La cruenta offensiva posta in essere dal terrorismo islamico egiziano contro turisti stranieri ha segnato, da una parte, la ripresa di una strategia tesa a minare l'economia del Paese colpendone una delle principali risorse e, dall'altra, la riaffermazione di intenti ritorsivi e sentimenti fortemente antioccidentali ad opera di un'organizzazione che, negli anni passati, ha dato prova di notevoli capacità offensive anche all'estero.
Permane attuale la minaccia terroristica mediorientale, specie in relazione alla crisi delle trattative israelo-palestinesi. Gli attentati suicidi perpetrati in luglio e settembre a Gerusalemme, al culmine di un'escalation di rinnovata conflittualità, hanno innescato nuovi episodi di violenza incidendo ulteriormente sugli equilibri di una regione segnata da diversi focolai di crisi e da inconciliabili interessi.
La questione palestinese, attorno alla quale già da tempo si va ricomponendo, sul piano politico, l'intero fronte arabo, rischia altresì di assumere un unificante valore simbolico per l'intera galassia integralista islamica.
Significativo appare, in proposito, che alla necessità di supportare il radicalismo palestinese abbiano fatto esplicito riferimento anche i terroristi delle formazioni egiziane che hanno rivolto appello nel senso ai militanti algerini, a conferma di un nuovo, massivo riaccendersi di sentimenti non solo antisionisti, ma più estensivamente antioccidentali, che potrebbe rivelarsi prodromico di un'offensiva terroristica a più ampio raggio.
Ciò, tenuto anche conto che taluni centri di potere intenderebbero servirsi di formazioni che, in quanto estranee alla loro sfera d'influenza, consentano di perseguire una strategia di destabilizzazione internazionale senza una diretta esposizione. In tale ambito, sono state acquisite notizie concernenti incontri tra dirigenti di diverse organizzazioni integraliste mediorientali, con il possibile comune intento di colpire interessi israeliani all'estero.
Altri elementi informativi hanno riguardato l'individuazione, in un Paese sudamericano, di un estremista palestinese militante in una formazione terroristica libanese, coinvolto in un traffico di armi e droga con collegamenti anche in Italia, nonché la possibile esistenza, sul territorio nazionale, di depositi di armi occultati dal terrorismo palestinese nella metà degli anni ‘80.
L'attenzione riservata ai contrasti in atto tra taluni regimi ed i gruppi di opposizione ha consentito di raccogliere indicazioni in ordine a progettualità violente sia nei confronti dei dissidenti residenti all'estero, sia ad opera di questi ultimi contro le Rappresentanze diplomatiche dei rispettivi Paesi d'origine.
Con riferimento alle aree interessate dall'attivismo di gruppi separatisti armati, ha assunto rilievo l'attentato compiuto in ottobre nello Sri Lanka dagli indipendentisti di etnia tamil. L'episodio, verificatosi nel centro turistico-commerciale della Capitale, ha riproposto una condotta di stampo terroristico nel contesto di un conflitto militare che da anni oppone l'esercito cingalese ai guerriglieri.
In ambito europeo, l'attenzione è stata catalizzata dal separatismo basco, sia per il repentino innalzamento del livello di scontro sia, successivamente, per taluni sviluppi processuali suscettibili di ispirare azioni ritorsive e, allo stesso tempo, di causare un'incentivazione delle istanze politiche in chiave violenta.
La valenza del pericolo derivante dall'esistenza di gruppi che rifiutano ogni prospettiva di mediazione si qualifica, inoltre, per l'eventualità che tali nuclei, nell'ottica di una progressiva globalizzazione della minaccia terroristica, divengano oggetto di pressioni di diversa matrice, interessate ad impiegarne le potenzialità aggressive. Ciò anche in ragione delle già evidenziate interconnessioni registrate tra militanti di diversa estrazione, fede o ideologia che, dal piano logistico, sono sempre suscettibili di maturare in vere e proprie interazioni operative.


E' proseguita la ricerca informativa volta al contrasto dei traffici di materiali d'armamento e strategici verso Paesi a rischio.
Per quanto attiene al primo aspetto, sono state inviate agli Organi di p.g. segnalazioni di traffici internazionali di armi, che continuano ad evidenziare come zone di provenienza l'ex Iugoslavia e l'Albania.
Si rilevano, in particolare, l'offerta sul mercato clandestino di un ingente quantitativo di armi leggere e diversi episodi di trasferimento verso l'Italia di armi destinate soprattutto ad appartenenti alla criminalità organizzata.
Con particolare riguardo alle violazioni agli embarghi decretati da Organismi internazionali, hanno trovato conferma indicazioni fornite alle Forze di polizia nei confronti di una società italiana implicata in attività verso Serbia e Montenegro. Inoltre, sono stati acquisiti elementi conoscitivi relativi alla fornitura ad un Paese nordafricano di parti di ricambio da destinare a mezzi militari, per un importo di alcuni milioni di dollari.
Particolare impegno è stato posto dai Servizi nell'attività di prevenzione e contrasto alla proliferazione delle armi di distruzione di massa chimiche, biologiche e nucleari e dei vettori ad esse associati, anche con la collaborazione degli Organismi collegati.
I programmi di proliferazione nel settore sono fortemente perseguiti da alcuni Paesi in via di sviluppo che, con diverse motivazioni ideologiche, vedono in detti programmi una sorta di affermazione del proprio spirito nazionalista.
Il fenomeno è molto evidente in Medioriente e nel Nordafrica e riguarda soprattutto Paesi che seguono una politica di potenza, con negativi riflessi sugli equilibri geopolitici regionali.
Per quanto riguarda specificamente l'attività di proliferazione dei Paesi a rischio che più direttamente incidono sulla sicurezza dell'area mediterranea, sono state acquisite informazioni relative alla cessazione della costruzione di un impianto di produzione di aggressivi chimici e alla contestuale apertura di un nuovo cantiere per la realizzazione di un'opera sotterranea con caratteristiche similari.
In merito al campo missilistico, il contributo dei Servizi ha consentito di vanificare il tentativo di un Paese a rischio di acquisire materiale soggetto a controllo all'esportazione.
Desta preoccupazione un altro Paese che continua a sviluppare la tecnologia nucleare. In tale ambito sono state inviate, tramite il Ministero degli Affari Esteri, ai competenti Organi dell'AIEA (International Atomic Energy Agency) notizie su attività di occultamento di "apparecchiature sensibili". Lo stesso Paese potrebbe riprendere a sviluppare i propri programmi chimici e biologici, impiegando i numerosi esperti inseriti nelle industrie civili e utilizzando strutture operanti presso università e istituti di ricerca.
Un Paese asiatico sta incrementando la propria capacità di realizzare impianti atti alla produzione di sostanze chimiche di base, che potrebbero porlo in futuro in condizione di divenire un potenziale fornitore di precursori di aggressivi chimici per altri Paesi proliferanti. In campo nucleare, sono stati forniti al Ministero degli Affari Esteri elementi informativi concernenti progettate esportazioni italiane verso lo stesso Paese di un impianto e di tecnologia per la produzione di ossido di uranio nonché di spettroscopi per raggi gamma.
Nel settore biologico, le strutture di taluni Stati impegnate a reperire i materiali sul mercato internazionale (cd. procurement) risultano attive nella ricerca di equipaggiamenti e di tecnologie biotecniche, in particolare di fermentatori, nonché di attrezzature, anche di seconda mano, potenzialmente non soggette a controllo.
A tale riguardo, le segnalazioni trasmesse agli Organi di p.g. hanno consentito di bloccare la fornitura all'estero da parte di una società italiana di macchinari e componenti per la realizzazione di un impianto produttivo di vaccini.
Un problema emergente è rappresentato dal controllo della tecnologia cd. "intangibile". Difatti, l'enorme sviluppo tecnologico delle comunicazioni ha reso possibili nuove forme di "trasferimento" delle conoscenze tecnico-scientifiche, attraverso canali telematici, che sfuggono più facilmente ai controlli, consentendo ai Paesi impegnati nella proliferazione di ricevere direttamente informazioni.
Tali rischi sono stati affrontati in sede comunitaria per gli aspetti riguardanti l'adeguamento della regolamentazione sull'esportazione dei materiali "dual-use", al momento limitata ai beni tangibili (software contenuto in supporti fisici, manuali, disegni tecnici, piani di sviluppo, ecc.). Il controllo della tecnologia "intangibile" è stato sollevato anche nell'ambito del Gruppo dei Principali Paesi fornitori di tecnologia e materiali in campo nucleare (NSG). In tale sede, sono state ricercate possibili soluzioni per limitare l'accesso, da parte di studenti provenienti da Paesi a rischio, a quelle tecnologie collegate ai settori della proliferazione acquisibili mediante la partecipazione a corsi di specializzazione in discipline scientifiche sensibili, che potrebbero contribuire alla realizzazione di programmi nucleari militari.


(*) Trasmessa alla Presidenza il 21 gennaio 1998, ai sensi dell'articolo 11, primo comma, della legge 24 ottobre 1977, n. 801.

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